Fino a non molti anni fa il centralino telefonico o PBX (Private Branch Exchange) rappresentava lo strumento di telefonia fissa utilizzato esclusivamente dalle aziende per comunicare con l’esterno e per collegare gli interni dei vari uffici. Tra telefonia fissa e mobile vigeva una netta separazione di natura tecnologica che si riverberava anche sugli aspetti organizzativi: il dipendente che lavorava in sede adoperava l’apparecchio collocato sulla propria scrivania; quello che era in trasferta, che poteva essere lo stesso che alternava attività svolta in ufficio con impegni fuori dal perimetro fisico dell’azienda, ricorreva al cellulare. Le funzionalità dell’uno non erano supportate dall’altro, e viceversa. Oggi il ruolo del centralino telefonico è rimasto sostanzialmente identico nelle sue caratteristiche di base (comunicazione verso l’esterno e numerazione interna), ma con il mutare delle tecnologie non solo la convergenza tra telefonia fissa e mobile ha cominciato a essere la norma, ma è stata aperta la strada verso ulteriori integrazioni (video, conference call, collegamento con gestionali e applicativi di produttività, ecc.). Per capire quanto profonda sia questa trasformazione, vediamo in dettaglio che cos’era prima il centralino telefonico e che cos’è diventato ai giorni nostri.
Il centralino telefonico tradizionale utilizza (o forse è il caso di dire “utilizzava”) la rete ISDN (Integrated Services Digital Network), o quella analogica PSTN (Public Switched Telephone Network). Le soluzioni ISDN prevedono due tipologie di accesso: BRI (Basic Rate Interface) e PRI (Primary Rate Interface). La prima supporta fino a 2 linee, la seconda da 15 a 30. Si intuisce che la scelta dell’una o dell’altra, con i relativi costi, dipende dalle dimensioni aziendali e dalle esigenze multinumero a cui far fronte: accesso simultaneo, in entrata e in uscita, a più linee telefoniche; selezione passante, cioè possibilità di raggiungere i numeri interni dall’esterno senza passare dal centralino; servizio fax, ecc. Quello che hanno in comune la tipologia BRI e la PRI è la necessità di dover installare in sede la classica “borchia”, per abilitare il funzionamento delle linee. Un’installazione che va abbinata a una manutenzione periodica che minimizzi guasti e malfunzionamenti.
Dopo quasi 20 anni di onorata carriera, la rete ISDN, che è stata la tecnologia principale alla base dei centralini telefonici in Italia, è destinata a scomparire. Risale addirittura a 5 anni fa un documento dell’ex monopolista TIM in cui si parla esplicitamente del decommissioning, cioè di «una vera e propria ristrutturazione - si legge nella comunicazione ufficiale -, che prevede una pervasiva introduzione delle soluzioni IP a fronte di piani di dismissione e compattamento delle piattaforme tecnologiche obsolete». Tra cui, appunto, rientrano PSTN e ISDN. Una trasformazione dovuta alla «crescita tumultuosa delle reti broadband e della rete mobile», testimoniata anche dagli ultimi dati dell’Osservatorio sulle comunicazioni dell’AgCom, secondo i quali a giugno 2019 le linee broadband hanno superato i 17,1 milioni di accessi, suddivise tra linee DSL (7,6 milioni) e altre tecnologie basate su fibra (9,56 milioni). Affidare, perciò, il proprio centralino telefonico a una tecnologia ormai in corso di dismissione significa condannarsi a non poter usufruire degli aggiornamenti necessari affinché siano garantite performance di alto livello.
La diffusione anche nel nostro Paese di FTTH (Fiber To The Home), cioè delle connessioni a banda larga della fibra ottica, che giunge sino all’abitazione o all’ufficio, e di FTTC (Fiber To The Cabinet), la versione mista che trova un compromesso tra la fibra e il cavo di rame, ha cambiato radicalmente la modalità di offerta della fonia. Un cambiamento che interessa, pertanto, anche il centralino telefonico. In pratica la consegna delle linee telefoniche avviene mediante il traffico dati supportato dalle nuove tecnologie. Tanto che il protocollo dominante è diventato il VoIP (Voice over Internet Protocol), non certo nuovo nel panorama della trasmissione voce, ma rimasto fino a qualche tempo fa confinato ad applicazioni specifiche. Da quando, invece, gli stessi Telco operator hanno iniziato ad adottare massicciamente soprattutto il SIP (Session Initiation Protocol), che è il segnale abbinato al VoIP, perfino le linee ISDN residue sono ormai “emulate”, hanno bisogno in altri termini di convertitori, come router o gateway, per essere in grado di utilizzare un protocollo diverso dal loro.
La crescita tumultuosa del protocollo SIP VoIP nella fonia ha accelerato un ulteriore step nella fornitura di PBX, orientandola come servizio completamente in outsourcing. Il fenomeno dei cosiddetti centralini in cloud, definiti anche hosted o virtuali, si è imposto in particolare in quei Paesi che, a differenza dell’Italia, hanno risolto il problema della connettività prima di noi. Una recente indagine sugli hosted PBX condotta da Kenneth Research ha calcolato in 4 miliardi il mercato del centralino in cloud a livello mondiale, con un tasso di crescita di oltre il 14% nel periodo di previsione compreso tra il 2017 e il 2025. Sebbene in Italia la quota di adozione del centralino virtuale risulti ancora limitata, è presumibile che la maggiore disponibilità delle reti broadband e ultrabroadband fungerà da leva per una sua capillare penetrazione. A differenza, infatti, del VoIP, che comunque necessita di un server IP installato in locale (on premise), il centralino telefonico in cloud è totalmente all’esterno. Le aziende, quindi, sono sollevate dagli oneri di installazione, gestione e manutenzione, oneri che comunque rimangono anche con il VoIP e che, invece, scompaiono del tutto con il centralino telefonico “ospitato”.
La trasformazione tecnologica non è l’unico motivo che spinge verso la scelta di un centralino telefonico in cloud. Tra le ragioni che nell’indagine citata sopra vengono addotte rientrano la riduzione dei costi operativi, nonché la crescente richiesta di mobilità da parte delle imprese unita al paradigma UC (Unified Communications) sempre più imperante. Un paradigma che oggi si presta a ridisegnare assetti organizzativi fluidi e non più statici. Basti pensare a due applicazioni che, anche in Italia, stanno trovando spazio tra le aziende: lo smart working e il digital workplace.
Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sono ormai 570mila gli smart worker italiani, cioè «quei lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali per lavorare in mobilità». La chiave sta proprio negli «strumenti digitali» che abilitano a collaborare a distanza e che un centralino telefonico in cloud incarna nella sua capacità di convertire la sola trasmissione voce in un sistema UC completo. L’Osservatorio sottolinea il miglioramento dell’engagement dei dipendenti che l’azienda ottiene con lo smart working, rendendoli più soddisfatti (76% rispetto al 55% degli altri lavoratori), più orgogliosi dei risultati raggiunti (71% rispetto al 62%) e più propensi a restare in azienda (71% rispetto al 56%). Uno dei nodi che rimane da sciogliere nella metà dei progetti strutturati nelle grandi aziende è una concezione limitata dello smart working, considerato esclusivamente come lavoro da remoto e non, più correttamente, quale metodo flessibile all’interno di un «ufficio smart».
Parlare di «ufficio smart» coincide con l’espressione digital workplace che fa riferimento all’insieme di dispositivi, applicazioni e infrastrutture digitali integrate per consentire alle persone e ai team di collaborare in modo più efficace ed efficiente in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo e con dispositivi differenti. Il medesimo Osservatorio del Politecnico, nel mappare alcune delle startup più promettenti nell’ambito del digital workplace, ha identificato tre caratteristiche fondamentali che il workplace deve soddisfare: sicurezza, produttività, soluzioni tecnologiche di comunicazione e collaborazione. Queste ultime, in particolare, spingono verso sistemi UCC (Unified Communication & Collaboration) in cui il centralino telefonico si colloca come cerniera tra tool di collaborazione e di comunicazione, assicurando al contempo la protezione e la riservatezza dei dati aziendali, oltre a facilitare l’incremento di produttività, grazie alla possibilità di svolgere i vari compiti a prescindere dal luogo in cui ci si trova. In assenza di questa e delle altre peculiarità che ampliano il perimetro dell’ufficio, l’azienda rischia di rimanere indietro mentre i suoi competitor corrono.
Ad alcuni dei vantaggi che un centralino telefonico in cloud porta alle aziende si è accennato. Dalla mobilità e flessibilità, che si traducono nella messa a disposizione delle tecnologie idonee allo smart working e al digital worplace, al risparmio riguardo a installazione, gestione e manutenzione. Ma vediamo in dettaglio i principali benefici di un hosted PBX per l’organizzazione che decide di farvi ricorso.
Un virtual PBX non prevede l’acquisto di un prodotto, ma il noleggio di un servizio. La spesa operativa o Opex (Operating Expenditure) perciò avviene senza alcun investimento in apparati o hardware e sostituisce quella Capex (Capital Expenditure) associata alla proprietà del centralino telefonico. Si paga solo un canone ricorrente che comprende, oltre al traffico vero e proprio, servizi quali assistenza, aggiornamenti e manutenzione periodica. Perfino gli apparecchi telefonici basati su protocollo SIP rientrano solitamente nel noleggio e non vanno comprati. Il che preserva gli investimenti dalla progressiva e fisiologica obsolescenza della componente hardware.
Se fino a quando c’erano le linee ISDN era diventata familiare la mitica figura del tecnico che arrivava con la Panda rossa ogni qualvolta bisognava installare una nuova linea o aggiustare quella precedente, anche un centralino telefonico VoIP on premise non elimina l’intervento di una figura esterna o l’impegno del personale IT interno. Un server IP, infatti, necessita di competenze per la sua configurazione e il suo corretto funzionamento, a cui si aggiungono i costi accessori legati alla sua collocazione in uno spazio fisico adeguato dell’azienda. Tutto questo, con un centralino telefonico in cloud, viene esternalizzato, senza che gravi sullo staff IT o che implichi le visite periodiche in loco di un operatore della compagnia telefonica o del vendor.
L’avvento del GDPR ha spinto le aziende a mettersi al riparo da potenziali violazioni e vulnerabilità che possono mettere a rischio la tutela dei dati aziendali. Anche i centralini telefonici non sono esenti da questo obbligo, poiché attingono ad agende e liste di nomi che devono essere custoditi e preservati. Per questo gli Internet Telephony Service Provider (ITSP) migliori generalmente offrono piattaforme di livello carrier class, vale a dire estremamente affidabili e collaudate, con una ridondanza che assicuri da possibili downtime e la garanzia di una business continuity pari al 99,9%.
Un virtual PBX è scalabile per definizione, in quanto eredita questa caratteristica dal cloud computing. Prevede, cioè, l’aumento o la diminuzione delle postazioni con estrema facilità. Basta attivarle, nel caso ci sia un nuovo dipendente da inserire in azienda, o disattivarle, nell’opzione contraria. Nulla a che vedere con dei cavi da srotolare, il cablaggio o le borchie da affiggere alla parete. E questo vale anche per i costi che vanno ad aggiungersi, riferiti soltanto ai seats attivati e non al canone fisso di una linea ISDN che bisogna pagare a prescindere dagli interni.
Un centralino telefonico in cloud dialoga “nativamente” con gli applicativi aziendali che si occupano di comunicazione, condivisione e collaborazione. Anzitutto perché prevede un rilascio della soluzione su più device (desktop, tablet, smartphone), oltre che l’utilizzo con telefoni IP e headphones. In secondo luogo, poiché si basa su software CTI (Computer Telephony Integration), che integrano funzionalità del PC e telefoniche insieme. Infine, in quanto il suo paradigma fondato sulla “nuvola” lo predispone a interfacciarsi, tramite API, con le principali soluzioni disponibili sul mercato UCC.
Alla luce di quanto detto finora, i criteri per la scelta di un centralino telefonico appartenente a un tipo piuttosto che a un altro dovrebbero essere chiari. Quelli tecnologici non sono gli unici, sebbene, oltre alle funzionalità, è importante porre attenzione all’infrastruttura e agli SLA indicati dal vendor. Anche la qualità del servizio dovrebbe risultare dirimente, insieme ai minori o maggiori vincoli contrattuali proposti da un ITSP o dall’altro. In generale, possiamo confrontare i centralini VoIP on premise con quelli in cloud in base alle caratteristiche riportate sotto.
Caratteristiche | VoIP on premise | Hosted (cloud) PBX |
PBX | Hardware (soggetto a gusti) | Virtuale (ridondante in data center) |
Aggiornamenti | Manuali, operazione on site | Automatici, on net |
Patch di sicurezza | Aggiornamenti manuali, on site | Automatici, on net |
Telefoni di sistema | Tipicamente proprietari e costosi | SIP standard, universali |
Espansione futura | Limitata alla dimensione del PBX | Dimensionabile a piacere |
Costi |
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Setup e implementazione | Complessa | Semplice |