Più della metà della popolazione mondiale vive nelle città (dati Fao), percentuale che entro fine secolo salirà al 68%: ecco perché parlare di green cities è diventato sempre più importante. Ma cosa rende una città davvero green e a che punto sono le città italiane?
Una recente campagna di Legambiente, Clean Cities, ha cercato di rispondere a queste domande, fornendo una fotografia di 15 capoluoghi italiani (Padova, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Ancona, Perugia, Roma, Cagliari, Pescara, Napoli, Bari, Palermo e Catania) e prendendo in considerazione fattori quali ciclabilità, mobilità elettrica, sicurezza e inquinamento atmosferico.
Città sostenibili, ancora insufficienti le misure adottate in Italia
Le notizie, purtroppo, non sono positive. L’indagine di Legambiente ha mostrato che le città italiane sono ancora indietro per quanto riguarda piste ciclabili, elettrificazione di mezzi pubblici e sharing mobility.
Le uniche città che registrano valori sufficienti per tutti questi parametri sono Bologna, Milano e Firenze, mentre l’analisi dei singoli parametri mostra alcune città eccellere solo in determinati ambiti: è il caso, ad esempio, di Torino, che risulta tra le città con più piste ciclabili implementate (il 79% dei km previsti è stato realizzato), ma anche tra le più inquinate, con una concentrazione di PM10 che raggiunge picchi di 35 microgrammi al m3. Valori ben al di sopra della soglia dei 20 microgrammi per m3 indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Le aziende puntano sulla sostenibilità
Un forte contributo alla rivoluzione green delle nostre città può venire dalle aziende, come ha evidenziato l’indagine Istat “Sostenibilità nelle imprese: aspetti ambientali e sociali” pubblicata lo scorso anno, che ha censito circa 280 mila imprese, tra quelle con 3 e più addetti.
Di queste, il 66,6% ha dichiarato di svolgere azioni volte a ridurre il proprio impatto ambientale: il 10,3% ha realizzato più di 10 azioni di sostenibilità ambientale, il 2,7% ne ha compiute più di 10 e il 50,4% solo una. Persiste un divario tra grandi aziende, più impegnate nella sostenibilità ambientale, e pmi, mentre non si registrano grandi differenze tra Nord e Sud del Paese.
Per quanto concerne gli interventi adottati dalle aziende, molto è stato fatto per la riduzione dei consumi energetici: il 40,1% delle imprese ha infatti provveduto a installare macchinari, impianti e/o apparecchi efficienti. Tra gli investimenti finalizzati al risparmio di energia, 13 imprese su 100 hanno scelto l’isolamento termico degli edifici e/o la realizzazione di edifici a basso consumo energetico.
Un deciso impulso alla riduzione dell’impatto ambientale viene poi dallo smart working, come ha sottolineato l’indagine di Global Compact Network Italia (organizzazione che opera all’interno del Global Compact delle Nazioni Unite per promuovere lo sviluppo sostenibile) del 2021, che ha analizzato l’impatto del lavoro agile su 253 mila lavoratori.
L’indagine ha evidenziato come il lavoro da remoto abbia portato alla riduzione degli spostamenti dei lavoratori per un totale di 275 milioni di chilometri, che si traduce in quasi 45 mila tonnellate in meno di CO2 immesse nell’ambiente e quasi 4 mila kg in meno di particolato atmosferico fine.
Competenze e tecnologie per accelerare la transizione green in azienda
E che lo smart working, da soluzione adottata per via dell’emergenza da pandemia si sia trasformato in un modello percorribile per molte aziende, è ormai un dato di fatto. Maggiore flessibilità, migliore qualità della vita, migliore qualità ambientale: i vantaggi del lavoro da remoto sono ormai evidenti. Per attuarlo, tuttavia, servono strumenti adeguati, in grado di rispondere ai bisogni di una gestione del lavoro ibrida, dove lavoro in ufficio e da casa si alternano.
Anche a questo servirà il mobility manager, che il Governo ha introdotto l’11 maggio scorso con il decreto attuativo previsto nel Decreto Rilancio dello scorso anno. La nuova figura, che interverrà nelle città sopra i 50 mila abitanti e nelle aziende con oltre 100 addetti, sarà incaricata di fornire supporto professionale alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali per il piano degli spostamenti casa-lavoro che le aziende dovranno redigere annualmente. L’obiettivo è quello di ottimizzare i turni di lavoro, in modo da ridurre l’impatto ambientale degli spostamenti necessari per recarsi in ufficio.
Fondamentale è anche il ruolo delle tecnologie digitali in dotazione alle imprese, che devono fornire strumenti in grado di garantire la continuità delle operazioni, indipendentemente dal luogo scelto per lavorare. Un impegno che NFON porta avanti da anni, grazie a Cloudya, il centralino in Cloud scelto da oltre 40 mila aziende in tutta Europa.
Cloudya nasce come strumento che abilita lo smart working, garantendo la continuità delle comunicazioni, a casa come in ufficio. Il centralino è infatti dotato di soluzioni pensate per fornire alle aziende un servizio affidabile, flessibile e scalabile, come il servizio multitelefono, che consente al lavoratore di collegare il proprio numero telefonico e la propria email fino a un massimo di 9 dispositivi.
E per aiutare le aziende a digitalizzare le proprie comunicazioni, con il centralino di NFON è possibile ricevere i FAX direttamente sulla propria casella di posta. Tutto quello che serve al collaboratore è una buona connessione Internet, al resto ha pensato NFON, integrando il suo centralino con strumenti che favoriscono la collaborazione da remoto, come il servizio audioconferenze moderate e la funzionalità Meet & Share, per videochiamate e screensharing.
Nell’ecosistema di Cloudya c’è molto altro: soluzioni integrate e premium per una gestione delle comunicazioni a 360 gradi, che permettono alle aziende di liberare tutto il potenziale del lavoro agile e ripensare il rapporto con il territorio in un’ottica davvero sostenibile.