Green New Deal, la “rivoluzione sostenibile” dell’Europa

Green New Deal, la “rivoluzione sostenibile” dell’Europa

Prima di essere ricordato come l’anno in cui è scoppiata una pandemia mondiale, il 2019 era stato l’anno delle proteste ambientaliste, con migliaia di giovani scesi in strada in tutto il mondo per chiedere azioni concrete in risposta all’emergenza climatica. Proteste, che hanno sensibilizzato l’opinione pubblica su uno dei grandi temi del presente: l’impatto ambientale che le nostre azioni provocano. Anche da questa consapevolezza, è nata l’esigenza di dar vita al cosiddetto Green New Deal.

  • Green New Deal, il piano europeo 

Nel dicembre del 2019, la Commissione Europea ha presentato il progetto del Green New Deal, con il quale mira a modernizzare l’economia dell'Unione e a renderla più competitiva, attraverso il conseguimento di tre obiettivi principali: il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 (con valori di emissioni nette di gas serra pari a zero), il passaggio ad un’economia circolare e il ripristino della biodiversità

Questi obiettivi prevedono una mobilitazione da parte di tutti i settori che compongono l’economia europea: le imprese vengono chiamate a investire sull’innovazione e su tecnologie rispettose dell’ambiente. Il settore dei trasporti (pubblico e privato) dovrà ricercare forme di mobilità meno costose e più pulite, mentre il settore energetico si dovrà decarbonizzare. 

Anche l’edilizia dovrà innovarsi ed essere in grado di realizzare edifici intelligenti, dove le tecnologie digitali contribuiscano ad abbassare il consumo e lo spreco di risorse, come energia ed acqua, oltre che a ridurre le emissioni di gas serra. Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, infatti, l'edilizia urbana è responsabile del 40% delle emissioni nocive prodotte nelle città. 

Per promuovere questo cambiamento in tutto il territorio dell’Unione, la Commissione ha varato un sistema di sostegno economico chiamato Just Transition Mechanism, che prevede finanziamenti per 150 miliardi di euro volti ad assicurare che tutti i Paesi dell’Unione riescano a raggiungere gli obiettivi prefissati. 

Per lo stesso motivo, la Commissione ha anche presentato una legge europea per il clima, che renderebbe legalmente vincolante per ogni singolo Paese membro il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. La legge prevede anche strumenti di controllo per tenere conto dei progressi fatti e adottare correzioni, qualora necessarie. 

Una prima correzione è stata annunciata proprio dalla Presidentessa della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, durante il suo intervento sullo Stato dell’Unione (discorso in cui la Commissione comunica al Parlamento Europeo le priorità dell’Esecutivo per l’anno in corso) tenutosi mercoledì 16 settembre. 

Infatti, dopo aver analizzato l’impatto delle strategie adottate finora sul raggiungimento degli obiettivi, la Commissione ha proposto di rivedere il target per il taglio delle emissioni previsto per il 2030 dal 40% al 55% (rispetto ai livelli del 1990). 

  • Green New Deal, come è nato e dove può portare

Un piano ambizioso, quindi, che porrebbe l’Unione Europea all’avanguardia nella lotta contro il cambiamento climatico. Ma come è nato il Green New Deal? A spiegarlo è stata una delle ideatrici, Ann Pettifor, economista e direttrice del think tank PRIME, (un network di macroeconomisti ed economisti politici), in un articolo pubblicato sul blog dell’organizzazione:

“La politica ambientale ha sempre comportato esortazioni all'azione individuale...Quest'anno il movimento ecologista ha adottato un tenore diverso. I manifestanti riconoscono che la responsabilità è dei governi, non dei singoli individui. Piuttosto che fissarsi sul fatto di riciclare o meno, i sostenitori di un Green New Deal chiedono grandi cambiamenti strutturali dell'economia globale.”

E che la consapevolezza dei danni irreversibili che il cambiamento climatico sta operando, sia alta nel vecchio continente, lo dimostrano anche i dati di un recente sondaggio della Commissione Europea, secondo il quale il 93% della popolazione considera il surriscaldamento globale un pericolo molto grave.

Il progetto del Green New Deal, tuttavia, non è recente, ma è figlio della prima crisi finanziaria del decennio. È nato nell’appartamento londinese di Ann Pettifor, frutto delle analisi e delle riflessioni di un gruppo di economisti e analisti. 

“Abbiamo capito che il settore finanziario, l’economia e l’ecosistema sono strettamente correlati tra loro. Non puoi occuparti di uno senza occuparti degli altri… Abbiamo sostenuto che la finanza, l'economia e l'ambiente sono integrati, e che è necessaria una politica congiunta che si occupi di tutte e tre le cose”, ha scritto la Pettifor in un'intervista per the New Statesman (rivista politico- culturale britannica).

  • Luci ed ombre del Green New Deal: cosa ci riserverà il futuro?

Il progetto della Commissione Europea, tuttavia, è stato criticato da più parti: la stessa Pettifor, ad esempio, lo ha duramente attaccato nel suo libro Il Green New Deal (Fazi, pp. 214, euro 20), asserendo che i soldi previsti sono insufficienti, soprattutto dopo che la pandemia di Coronavirus ha costretto i governi a reindirizzare le risorse. Della stessa opinione anche l’attivista svedese Greta Thunberg, che ha giudicato inadatta la legge sul clima proposta dalla Commissione Europea.

Critiche, a cui la Commissione Europea ha risposto ribadendo il suo impegno verso il passaggio a un’economia sostenibile come strumento di ripartenza dopo la grave crisi  provocata dal Covid-19. Infatti, la Presidentessa Ursula von der Leyen, durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento Europeo ha annunciato che il 30% del budget di 750 miliardi di euro previsti dal Next Generation EU (il piano di ripresa economica) sarà raccolto attraverso obbligazioni verdi. 

Inoltre, il 37% dei finanziamenti sarà investito negli obiettivi europei del Green New Deal, tra cui i progetti europei "faro", come la produzione di un acciaio pulito attraverso l’uso di idrogeno, i progetti di bioedilizia e quelli per la realizzazione di 1 milione di punti di ricarica elettrica. “Abbiamo la tecnologia, abbiamo l’esperienza e abbiamo ancora più prove che quello che è buono per il clima è buono anche per l’economia. È nostra responsabilità farlo accadere”, ha concluso la von der Leyen

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